Chiostro della Fontana, Complesso di San Paolo
Oggetto di lavori di riqualificazione dal 2015, finanziata con fondi europei POR FESR (Piano Operativo Regionale Fondi Europei), il Chiostro di San Paolo a Parma si apre dopo lungo tempo alla cittadinanza. L’occasione è offerta da I like Parma, iniziativa promossa dall’assessorato alla Cultura del Comune di Parma e pensata per proteggere e valorizzare beni storico-artistici della città; iniziativa che, giunta ormai alla sua quarta edizione, si avvale anche in questo caso della preziosa collaborazione dei volontari del FAI, nel contesto delle Giornate FAI d’Autunno, raddoppiate in via del tutto eccezionale in questo 2020, per sopperire all’annullamento di quelle di primavera.
Un po’ di storia: dalla fondazione alla soppressione napoleonica
Le prime notizie circa il monastero benedettino di San Paolo risalgono a un documento databile tra 1005 e 1015 firmato da Sigisfredo II (vescovo di Parma dal 981 al 1015): a quest’altezza il monastero doveva già esistere, affidato al controllo della badessa Liuda che, dopo una prima fase quasi a carattere sperimentale non ancora monasticamente definita, adottò la Regola benedettina. Il complesso sorse con ogni probabilità sui resti di un più antico monastero che ospitò, a partire dal 983, i resti di Santa Felicola e assunse fin da subito un carattere del tutto eccezionale in quanto riservato alla sola componente femminile del clero. Inizialmente collocato fuori dal perimetro delle mura cittadine, questo divenne ben presto uno dei centri religiosi più influenti dell’intera città altomedievale, secondo per importanza solo al vicino convento, anch’esso benedettino, di San Giovanni. Nel corso di tutto il XIV secolo e ancora fino alla metà del secolo successivo, il monastero fu protagonista della vita politica cittadina, accogliendo le figlie dell’aristocrazia del contado e soprattutto ragazze delle più importanti famiglie nobiliari dell’epoca, dagli Sforza ai Debenedetti che spesso riuscirono, in questo modo, a garantirsi il controllo delle risorse dell’ordine benedettino. Una svolta radicale si ebbe nell’ultimo quarto del XV secolo, con la nomina della prima delle tre badesse Bergonzi: il monastero si trasformò, così, in un fervido centro culturale, accogliendo tra le sue mura artisti del calibro di Correggio e Alessandro Araldi, cui si deve il celebre affresco che decora la Camera di San Paolo. “Veri e propri mecenati in versione femminile” commentano oggi i volontari del FAI. Nei secoli successivi, giunsero qui alcuni tra i personaggi più importanti dell’epoca: è il caso, ad esempio, della celebre Margherita Farnese, oggi riportata in vita grazie ad una suggestiva rappresentazione teatrale organizzata dalla Pinacoteca Stuard tra i cortili del complesso: costretta ad un matrimonio politico con Vincenzo I Gonzaga, poi annullato dopo nemmeno due anni a causa della sterilità della giovane, Margherita fu ricondotta a Parma dal fratello, Ranuccio I, dove divenne monaca benedettina all’interno del Convento di San Paolo. Qui s’innamorò di Giulio Cima, suo maestro di flauto: una volta scoperta, Margherita fu trasferita nel vicino convento di Sant’Alessandro, dove ricoprì più volte la carica di badessa, mentre il povero Giulino (così soprannominato per la statura), esule presso i Gonzaga, fu catturato dai bravi di Ranuccio e incarcerato nella Rocchetta di Correggio, dove morì settantenne. La storia del monastero proseguì tra alterne vicende fino all’arrivo in Italia di Napoleone che, con il decreto del 13 settembre 1810, ordinò la soppressione di tutti gli edifici religiosi, incluso il Convento di San Paolo che divenne prima una caserma e poi, a partire dall’Unità d’Italia, scuola superiore magistrale.
L’inattesa scoperta del Chiostro della Fontana
I più recenti interventi di riqualificazione hanno riguardato la sola parte del Chiostro Nuovo: “Siamo consapevoli che si tratta di una porzione del tutto limitata rispetto all’intero complesso – commenta la responsabile di Ar.Tec., cui è affidata la parte strutturale dei lavori – Una volta completato il primo stralcio entro fine 2020, procederemo con nuovi interventi per il Giardino e la parte superiore dell’area“. Terminata la riqualificazione, il complesso è destinato ad ospitare i cosiddetti ‘food labs’, laboratori dedicati alla cultura enogastronomica del territorio, nonché un Caffè letterario.
I lavori hanno avuto, però, il merito di dare nuova vita ad affreschi e stucchi sepolti da oltre due secoli sotto strati di intonaco successivo. “La Camera di san Paolo del Correggio – sostengono i volontari del FAI – è certamente alla base della fortuna del complesso, meta già nel ‘700 di molti dei viaggiatori del Grand Tour; d’altra parte ha purtroppo oscurato buona parte dei vicini chiostri”.
Scoperte ormai un anno fa, tornano così alla luce le 26 lunette affrescate nel ‘600 da Bernardino Bui con immagini di Santi. “Per noi è stata davvero una sorpresa incredibile – spiega la responsabile di Ar. Tec. – per quanto gli affreschi siano in condizioni precarie di conservazione”.
Ma non solo. Nell’atrio d’ingresso tornano finalmente ad essere visibili affreschi trecenteschi con lo stemma della famiglia Sforza, un sole che irradia la sua luce sull’intera volta, e della famiglia Debenedetti, uno scudo rosso-bianco, al vertice di un arco interamente decorato.
Tra oggetti di cantiere, il percorso si sviluppa lungo i due lati più recenti del chiostro, al centro del quale è collocata la fontana di fine ‘500. Un’ampia scalinata conduce, poi, al piano superiore, da dove è possibile scorgere la celebre Torre di San Paolo: ricostruita nella veste attuale nel 1769 per volontà del ministro Guglielmo du Tillot in occasione delle nozze tra Ferdinando di Borbone e Maria d’Asburgo, questa doveva costituire il degno palcoscenico per le feste di nozze.
Sempre al primo piano è possibile vedere la celebre Madonna del Latte, affresco cinquecentesco di autore ancora ignoto scoperto in una nicchia della scuola magistrale Albertina San Vitale, ospitata tra le mura del Convento fino agli anni Ottanta del Novecento.